- ARTIGIANI E
POSTAZIONI STATICHE -
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ALCUNE delle foto di artigiani, postazioni e gruppi statici realizzate nell'arco
delle diverse edizioni del Presepe Vivente.
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GIOVANI FILATRICI DI LANA IL "BAZAAR": MERCANTI ARABI MACELLAZIONE DELLA CARNE DI MAIALE
Interno di un'antica bottega di arrotino per come doveva apparire al tempo della Nascita di Gesù.
Mediante la pressione ciclica e costante su un rudimentale pedale, un complicato sistema di cinghie, ruote demoltiplicatrici e pulegge realizzate in legno, permetteva la trasmissione finale del moto ad una mola, che consentiva l'affilatura degli attrezzi da taglio.
CURIOSITA': la macchina visibile in foto, non è affatto una grossolana riproduzione scenica, bensì un vero splendido modello d'epoca, ottimamente restaurato e perfettamente funzionante... Interno di bottega di fornaio.
Una volta la panificazione casalinga era una pratica assolutamente comune presso tutte le famiglie rurali della zona. D'altronde, la stessa coltivazione agricola del grano, avveniva all'epoca al solo scopo di poter disporre di una adeguata scorta di farina da impiegare per la cottura del pane, considerato, fino all'inizio del secolo scorso, alimento principe irrinunciabile nella dieta delle famiglie contadine. Successivamente, la figura del fornaio e la conseguente industrializzazione del processo produttivo hanno soppiantato progressivamente la lavorazione casalinga.
CURIOSITA': fino a qualche anno fa la cottura del pane avveniva esclusivamente utilizzando forni a legna che conferivano al prodotto finale un profumo ed una fragranza caratteristici. Attualmente l'uso (..e l'abuso..) di forni elettrici e additivi alimentari di dubbia provenienza, ne hanno progressivamente snaturato la tradizionale bontà, tant'è che il rarissimo "pane casareccio", viene ormai venduto a peso d'oro. Una tenera immagine di una caldarrostaia seduta sull'uscio della sua abitazione.
La produzione di castagne a Baia e Latina è pressoché trascurabile, ma la tradizione locale assegna a questo frutto tipicamente invernale una importanza assolutamente fondamentale, anche grazie alla presenza del focolare nella stragrande maggioranza delle abitazioni.
CURIOSITA': le caldarroste, dopo essere state cotte sul fuoco vivo del camino, vengono consumate, oltre che al naturale, nelle maniere più disparate e fantasiose, fra le quali, non ultima in paese, segnaliamo quella che prevede di avvolgerle ancora bollenti in un canovaccio da cucina e spruzzarle abbondantemente di vino (rigorosamente rosso locale), prima di sbucciarle e consumarle... Interno di bottega di ciabattino.
Ormai quasi più nessuno ricorre alla paziente opera di questo artigiano che è ormai da tempo scomparso dai nostri paesi. Il consumismo più sfrenato ha fatto sì che al primo lieve cenno di "danneggiamento", un buon paio di scarpe venga irrimediabilmente buttato via per essere rapidamente soppiantato da un paio nuovo di zecca. Una realtà ben diversa da quella in cui vivevano i nostri nonni, costretti a dover letteralmente "consumare" un paio di scarpe prima di poterne comprare uno nuovo. Con l'accortezza di tenerne però sempre da parte un paio in buone condizioni da tirare fuori nelle grandi occasioni: le oramai proverbiali "scarpe della domenica"...
CURIOSITA': l'attrezzo principale utilizzato dal ciabattino di una volta era la cosiddetta "suggia", una sorta di grosso ago con impugnatura in legno, nella cui cruna veniva infilato dello spago (trattato con collante a base di bitume) che serviva a ricucire i danni causati al pesante pellame delle scarpe. Ciabattino al lavoro sul suo desco.
Una delle riparazioni più comuni richieste all'epoca al ciabattino era la cosiddetta "risuolatura" delle scarpe che consisteva nel sovrapporre, con l'ausilio di piccolissimi chiodini dalla testa larga, una nuova suola alla preesistente consumatasi con l'utilizzo. L'avvento delle soprasuole preformate in gomma ha sicuramente contribuito a facilitare il lavoro del ciabattino, aumentando nel contempo la "tenuta" delle riparazioni, ma il consumismo sfrenato ne ha progressivamente dapprima limitato del tutto gli interventi e successivamente ha causato il colpo di grazia che ha determinato la definitiva scomparsa di questa figura artigiana.
CURIOSITA': le scarpe di una volta erano costruite con i materiali più disparati: si andava dalle più resistenti (..ma più costose..) scarpe in pesante pelle ingrassata fino alle più inverosimili scarpe in cartone pressato!!... Una filatrice di lana al lavoro.
Nel passato recente di Baia e Latina, la figura della filatrice era senz'altro ricorrente e precipua, giacché era proprio dalla paziente filatura manuale della lana di pecora che venivano in linea di massima ricavati i caldi indumenti necessari per ripararsi dai rigori invernali. La filatura della lana è progressivamente quasi scomparsa dal paese e resiste solo nell'operato più che sporadico di qualche anziana locale.
CURIOSITA': la pratica della filatura manuale è estremamente difficile da realizzare, in quanto richiede non solo una certa abilità ma anche tanta pazienza, per riuscire ad ottenere da un ammasso informe l'agognato sottile filo di lana... Due giovani filatrici di lana al lavoro, alla calda luce del camino acceso di fronte a loro.
La lavorazione della lana veniva considerato il momento conviviale per eccellenza per le famiglie d'epoca perché avveniva, in linea di massima, nelle ore serali e, di norma, vedeva la partecipazione dell'intero nucleo familiare che si riuniva alla tenue luce del focolare domestico, per discutere della giornata appena passata o per ascoltare le storie, le esperienze ed i saggi consigli dei parenti più anziani...
CURIOSITA': La filatura manuale della lana avveniva previo impiego di appositi attrezzi realizzati in maniera artigianale intagliandoli nel legno. Tali strumenti, meglio noti con nomi dialettali quali, ad esempio, "iu fusu" (il fuso), "iu vinnelu" (l'arcolaio - visibile in foto.. - ) e via discorrendo, sono oggi oggetto di accanita ricerca da parte dei collezionisti di articoli "vintage" che li utilizzano per ricreare atmosfere casalinghe di stampo neo-romantico. Maestro impagliatore di vimini al lavoro con il suo giovane apprendista.
La tradizione artigiana della lavorazione dei vimini (ormai pressoché scomparsa dal paese), prevedeva una grande varietà di realizzazioni con forme e dimensioni più disparate, tra le quali ricordiamo i cosiddetti "panari" (cestini), le "rate" (grate), i "cuofani" ed i "cestiegli" (cesti), gerle e cassette varie per contenere l'uva, ecc. Prima di poter essere intrecciati, i vimini venivano tenuti a bagno per alcuni giorni in acqua, per renderli ulteriormente flessibili e resistenti alla torsione. Inoltre, per realizzare oggetti destinati a contenere alimenti, i vimini venivano ripuliti della sottile pellicola esterna che li ricopriva, in modo da rendere di colore biancastro il manufatto finale.
CURIOSITA': per realizzare un cestino di circa 30 cm. di diametro (manico incluso), occorrono l'equivalente di oltre 35-40 metri lineari di vimini (a seconda della profondità della realizzazione)!!.. Mercanti arabi all'interno del loro bazaar, pieno zeppo di tappeti e di curiosi oggetti orientali di ogni tipo...
Il bazaar trova la sua logica collocazione all'interno di un variegato "souk", sorta di mercato libero all'aperto, dove è/era possibile acquistare praticamente di tutto, pur se con le dovute cautele: non sempre le persone incontrate erano meritevoli di piena fiducia...
CURIOSITA': Nell'ottica della coerente rappresentazione di un Presepe Vivente Napoletano di stampo classico, dove il tempo e lo spazio praticamente non esistono, per rendere più realistico possibile l'ambiente, il bazar viene effettivamente ricostruito all'interno di un rumoroso "souk" arabo pieno di strani e, talvolta, inquietanti personaggi. Per aumentare ulteriormente l'illusione della realtà, tra i figuranti vengono persino utilizzati veri e propri extracomunitari, che vengono invitati ad esporre la loro mercanzia, a reclamizzarla nel loro idioma e ad indossare i costumi tradizionali tipici del loro paese d'origine...! Interno di osteria d’epoca.
L'osteria e/o la locanda, nell'immaginario collettivo, riportano spesso alla memoria il fascino vago e un po' misterioso di osti "robusti" e indaffarati, avventori frettolosi, sistemazioni spartane su tavolacci grezzi, ambienti fumosi e frugali... Di converso però, si associa con piacere l'osteria al profumo e al sapore genuino dei cibi di una volta, al buon vino servito in boccali di creta, al vociare sommesso degli avventori, al ceppo che arde nell'enorme camino, al piacere di rifugiarsi nel tepore di un ambiente quasi familiare quando fuori piove e fa freddo...
CURIOSITA': una delle particolarità più innovative che distinguono da sempre il Presepe Vivente di Baia e Latina dalle miriadi di rappresentazioni analoghe, è rappresentato dalla possibilità di degustare realmente i cibi genuini cucinati (e non certo per finta..) nelle ricostruzioni sceniche delle locande e delle osterie, permettendo una interattività tra figuranti e visitatori ed una "full immersion" totale nel passato. Interno della bottega di un ramaio.
Giovanissimi apprendisti coadiuvano il duro lavoro del maestro ramaio nella delicata opera di manutenzione ciclica volta a preservare il più a lungo possibile il pentolame che, dai nostri bisnonni, era tenuto in debita considerazione ed in perfetta efficienza nelle cucine!!...
CURIOSITA': in realtà l'operazione effettuata dal "ramaio" era più propriamente da definirsi una "stagnatura" che avveniva a caldo facendo arroventare su una forgia i recipienti in rame da trattare e lo stagno in esso depositato. Una volta raggiunta la temperatura giusta, la bravura del maestro ramaio consisteva nello 'spandere' in maniera uniforme lo stagno liquefatto, in modo da rivestire perfettamente l'interno del recipiente... Interno di bottega di maestri ramai.
Come noto, il pentolame di una volta era costruito quasi interamente in una lega di rame, di cui è nota la potenziale tossicità. Per ovviare a questo inconveniente, si ricorreva all'abile operato del ramaio che, con la sua maestria, provvedeva a stendere un sottile velo di stagno fuso all'interno dei recipienti per scongiurare il pericolo di intossicazioni dovuto alle eventuali esalazioni del rame quando sottoposto ad alte temperature nella cottura dei cibi. L'operazione, peraltro, doveva essere rinnovata spesso nel tempo a seconda dell'usura cui erano soggetti i vari recipienti.
CURIOSITA': in questa foto non sono ritratti solo dei semplici attori in costume, bensì dei veri e propri ramai intenti al loro duro lavoro. Il valore aggiunto di questa immagine sta nel fatto che questi uomini sono gli ultimi gloriosi rappresentanti di una vera e propria stirpe familiare che ha dedicato la propria vita al servizio della comunità, rendendo grande questo affascinante mestiere. Interno di abitazione con uomini e donne intenti alla macellazione della carne di maiale.
Nella fattispecie, le donne sono qui impegnate a condire i tocchetti di carne tritata, con le opportune proporzioni di sale, aglio, alloro e peperoncino. Se ne ottiene una preparazione nota col nome di "carne saucicciara" che viene lasciata riposare per 24/48 ore, prima di venire successivamente insaccata nelle interiora (accuratamente lavate con acqua, sale e limone..) del maiale stesso. E' così che si ottiene la gustosissima e ricercatissima "sauciccia" (salsiccia) locale che, tuttavia, prima di poter essere gustata al meglio, abbisogna ancora di qualche altra settimana di essicazione in un ambiente asciutto. La salsiccia viene, infine, conservata sott'olio o nella sugna del maiale..
CURIOSITA': La "carne saucicciara" viene anche tradizionalmente gustata semplicemente friggendola in una padella e servendola, infine, piccante e bollente, accompagnata da un buon bicchiere di vino rosso e pane fresco rigorosamente locali. Due avventori sorseggiano un buon boccale di vino all'interno della cantina dell'arcinoto "vinaio Sebastian".
Le botteghe di "vinaio" e le "cantine", erano una volta molto comuni nei paesi e possiamo quasi considerarle le antesignane dei moderni bar. In questi ambienti freschi ed umidi, gli avventori di passaggio al ritorno dal duro lavoro nei campi, spesso si fermavano per rifocillarsi dalla sete o per scambiare quattro chiacchiere prima di rientrare nelle loro abitazioni.
CURIOSITA': tradizionalmente, vuoi per il freddo pungente, vuoi per la stanchezza dovuta alla lunghezza del percorso, vuoi per la curiosità di "assaggiare" un po’ di tutto, torme di visitatori del Presepe si fermano a gustare un po’ del buon vino distribuito dal cortese Sebastian e dai suoi aiutanti. Non per nulla, insomma, questa postazione riscuote un lusinghiero successo tra i visitatori, anche perché, inutile sottolinearlo, la "materia prima" (..il vino..) è di produzione assolutamente locale ed artigianale: più biologico di così..!! Una ricamatrice di tombolo ed uncinetto al lavoro.
La paziente lavorazione al tombolo dei tessuti, permetteva di creare veri e propri capolavori che acquistavano valore col passare del tempo. Purtroppo, però, questo tipo di attività un tempo prerogativa irrinunciabile di ogni ragazza in età da marito, sta ormai progressivamente scomparendo, soppiantata dalla ormai onnipresente algida produzione tessile industriale.
CURIOSITA': il cosiddetto "tombolo", più che una tecnica di ricamo, è in realtà il nome dell'attrezzo in legno, di foggia circolare, formato da due anelli sovrapposti ad incastro che, trattenendo e tenendo tesa solo una piccola parte del tessuto da lavorare (circa 30 cm. di diametro per volta), permetteva la corretta esecuzione del ricamo. Interno di una bottega di ricamatrice.
La bottega della ricamatrice può essere considerata una sorta di scuola di taglio e cucito ante-litteram. Essa era quasi sempre strapiena di giovanissime apprendiste che non solo affiancavano la titolare nel suo lavoro quotidiano, ma ne approfittavano (anche dietro la "spinta" bonaria dei genitori) per carpire i segreti di base della sartoria, giacché per le ragazze in età da marito, sapersela cavare perfettamente con ago e filo era considerato un valore aggiunto..
CURIOSITA': l'apprendimento dell'arte del ricamo comprendeva anche una serie di nozioni e passaggi intermedi (peraltro complementari fra loro) che andavano dalla semplice stiratura sino alla tecnica del taglio e cucito vero e proprio. Ma non venivano affatto trascurati l'uncinetto, il lavoro a maglia e, per le più esperte e portate, il difficilissimo "tombolo".
Interno di un'antica bottega di arrotino per come doveva apparire al tempo della Nascita di Gesù.
Mediante la pressione ciclica e costante su un rudimentale pedale, un complicato sistema di cinghie, ruote demoltiplicatrici e pulegge realizzate in legno, permetteva la trasmissione finale del moto ad una mola, che consentiva l'affilatura degli attrezzi da taglio.
CURIOSITA': la macchina visibile in foto, non è affatto una grossolana riproduzione scenica, bensì un vero splendido modello d'epoca, ottimamente restaurato e perfettamente funzionante...
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